Viticoltura e vinificazione nell’Italia medievale. La storia della viticoltura nella Penisola italiana può vantare una origine antica ma fu soltanto durante il periodo romano che il vigneto si diffuse capillarmente, riuscendo a superare indenne anche le difficoltà dello stato romano. Nel III secolo d. C., ad esempio, nonostante il territorio italico attraversasse una forte crisi economica e sociale, la vigna continuava a vantare un’ampia propagazione. La situazione mutò con lo scoppio della guerra greco- gotica che devastò le campagne di gran parte della Penisola, con risvolti a volte drammatici per le popolazioni dei territori coinvolti. Di riflesso, anche la presenza dei vigneti nelle campagne italiane registrò un brusco arretramento. La situazione non cambiò dopo l’invasione dei Longobardi che, a partire dal 568-569, conquistarono buona parte dello Stivale. Sebbene l’Editto di Rotari, risalente al 643, poneva molta attenzione nei confronti della viticoltura e delle colture arboree, con il tentativo di tutelare queste pratiche agricole, la realtà era ben diversa: molte terre erano state abbandonate dal lavoro dei contadini, con la conseguenza che si assistette ad un prepotente avanzamento dell’incolto a scapito delle terre messe a coltura. I terreni, lasciati al loro destino, furono progressivamente conquistati dai boschi, dalle sterpaglie e dall’incolto. In tale contesto, anche la vite subì un drastico ridimensionamento, senza però mai sparire del tutto: pur essendo sempre meno presente nelle campagne italiane riuscì comunque a resistere, soprattutto grazie ai nuovi valori che il vino andava ricoprendo nell’ambito della religione cristiana. Nel Cristianesimo, il vino è infatti veicolo di messaggi evangelici, possiede una forte connotazione sacrale e simbolica, ricopre anche una funzione liturgica fondamentale: durante la celebrazione dell’eucarestia, il vino era consumato anche dai fedeli e non soltanto dai prelati. Da ciò scaturiva la necessità di garantire una certa produzione della bevanda alcolica. Il Cristianesimo ebbe, quindi, un ruolo determinante nella diffusione della vite, garantendone una proliferazione anche in territori dove le condizioni climatiche non favorivano la crescita dei vitigni: pensiamo ad esempio all’introduzione delle vigne nelle regioni del Nord Europa, perciò all’introduzione di una pianta mediterranea in un contesto ambientale ben differente, come quello atlantico. A partire dalla fine del VII secolo, anche se molto stentatamente, iniziò a registrarsi una nuova fase di espansione della viticoltura, che avverrà in modo molto più deciso e diffuso tra il VIII e il IX secolo. In un primo tempo, la diffusione delle vigne avvenne su iniziativa dei più grandi e prestigiosi monasteri (per motivi legati al culto, all’alimentazione e agli scambi commerciali). Successivamente, alla luce anche di una indubbia reddittività garantita dalla pianta, anche i feudatari si fecero promotori della coltivazione della vite, rendendosi protagonisti, soprattutto a partire dal IX secolo, dell’espansione dei vigneti. Nei secoli successivi all’anno Mille, invece, furono altri i protagonisti della diffusione della vite: i nuovi ceti urbani. La ripresa delle attività di scambio e dei commerci, via via su scala sempre più ampia, provocò un aumento della popolazione urbana, che permise la formazione di uno strato sociale cittadino nuovo e dinamico, desideroso d’investire i propri capitali nella terra (naturalmente in questa nuova fase gli enti ecclesiastici e l’aristocrazia continuarono ad investire nelle campagne, contribuendo all’espansione della viticoltura, ma non ne furono gli unici protagonisti, come registrabile nei secoli altomedievali). Per questi nuovi ceti, inoltre, disporre di tanto vino costituiva il segno tangibile della propria ascesa sociale giacché, fino ad allora, la bevanda era esclusivo appannaggio degli ecclesiastici e della nobiltà. Così, tra l’XI e il XV secolo, gran parte delle campagne intorno alle città d’Italia divennero delle vere e proprie terre viticole registrando, a volte, delle appendici anche entro le mura cittadine. I vigneti, comunque, non si diffusero soltanto intorno alle città, ma proliferarono anche attorno ai castelli, ai villaggi e addirittura anche in aperta campagna, lontano da ogni insediamento. Il vino, molto richiesto nei mercati urbani, era un prodotto il cui commercio andava molto bene, soprattutto nei centri cittadini, non soltanto perché nelle città c’era una maggiore concentrazione di individui ma anche perché i consumi erano molto elevati. Ad esempio, il cronista fiorentino Giovanni Villani ci testimonia che nella Firenze della prima metà del XIV secolo il consumo di vino annuo pro capite si aggirava intorno ai 260- 270 litri. Nel tardo medioevo (XIV-XV secolo), invece, a Siena, a Bologna e nell’area veneta i consumi superavano addirittura il litro al giorno pro capite. Le ragioni di questi consumi così alti erano molteplici. In primo luogo, il vino aveva un apporto calorico non trascurabile e quindi veniva consumato per motivi alimentari. Non bisogna nemmeno dimenticare, inoltre, che costituì a lungo l’unica bevanda per la socializzazione e per lo svago. Inoltre, si riteneva che l’alcool possedesse proprietà curative tali da venir usato come rimedio per molti mali. Infine, oltre al consumo di vino legato alla religione, era costume consumare l’acqua con l’alcool, sfruttando, in questa maniera, le proprietà asettiche tipiche del vino.
…perchè venire in vacanza a Denia?
perchè venire in vacanza a denia. consigli di vita da turista L’aspetto principale della accogliente e vacanziera cittadina di Denia è il Parco Naturale del Montgó (753 m.), che domina maestosamente il territorio municipale. Creato nel 1987, offre al visitatore una vasta diversità faunistica e floreale, godibile attraverso i numerosi sentieri che lo attraversano. L’altro polo di attrazione paesaggistica è rappresentato dalle spiagge di Las Marinas e di Las Rotas, così come la Riserva Marina del Cabo de San Antonio. Denia contiene diversi spazi da cui godersi un’esperienza green. Monumenti e luoghi d’interesse La città è situata in una baia, porto naturale, ai piedi del monte Montgó. Sono preservati gli antichi quartieri di les Roques o de Baix la Mar. Le strade che scendono dal castello ricordano il passato arabo, mentre la parte bassa offre edifici modernisti, indici della ricchezza della borghesia legata al commercio dell’uva sultanina. Musei e monumenti maggiormente interessanti
Perchè bere vino italiano?
Perchè bere vino italiano? L’Italia custodisce un tesoro unico al mondo. Si tratta dell’incredibile varietà e quantità di vitigni autoctoni presenti nel nostro territorio. Ne risultano più di 500, e ogni anno se ne registrano di nuove. Concediti il gusto audace e saporito del Bel Paese con ogni sorso del nostro squisito vino! un po’ di storia… I vini italiani sono conosciuti nei quattro angoli del pianeta; l’Italia è uno dei paesi viti vinicoli più importanti d’Europa, nonché uno dei più antichi: si sa infatti che l’avvio della viticoltura in Italia si deve agli Etruschi, già nel secolo VIII a.C. e probabilmente anche prima. Seguono poi i Greci, portando avanti lo sviluppo del settore, come testimonia anche il nome di alcuni vitigni italiani tuttora esistenti, come Greco e Aglianico (che significa ellenico). Sono tuttavia quei bon vivant dei Romani, grandi appassionati, a favorire intensamente la diffusione delle tecniche vitivinicole e del commercio dei vini. E mentre la loro influenza si espande, si espande con essa anche il gusto romano, non solo in Italia, ma in tutta l’Europa occidentale e centrale. Con la caduta dell’Impero Romano e lo scompiglio portato dalle invasioni barbariche inizia un lungo periodo buio per l’intero settore. Per lungo tempo l’unico vino che si fa è quello destinato alla messa e sono per lo più i monaci a occuparsi della coltivazione della vite.Facciamo un salto in avanti fino all’arrivo dei grandi commercianti fiorentini e veneziani. Alcune di queste antiche famiglie nobiliari note ancora al giorno d’oggi e più attive che mai, come grandi produttori di vino quali Antinori e Frescobaldi, che nel XIII e XIV secolo avviano un fiorente commercio, soprattutto negli scambi dei vini di Bordeaux. La viticoltura vera e propria in Italia rientra a pieno regime solo nel XIX secolo, grazie all’impulso del Piemonte e della Toscana, che iniziano ad applicare alcune tecniche francesi per produrre i propri vini: nascono così Barolo, Brunello e Chianti. Il XX secolo porta però cattive notizie per tutto il continente. Arriva la fillossera, un parassita animale che distrugge tutte le vigne europee fino ai primi decenni del ‘900. Le due guerre mondiali, oltre a portare devastazione nei paesi europei, rubano la manodopera dai campi che in molti casi restano incolti. Nel dopoguerra, i viticoltori italiani si rimboccano le maniche e fanno ripartire il settore del vino italiano. Scelgono di indirizzarsi soprattutto su una produzione di massa, ma si ha un cambio di tendenza a partire dagli anni ‘60. Vengono riscoperti i vitigni autoctoni e si impara a coltivare i vitigni internazionali su suolo italiano, come nel caso dell’elaborazione di grandi vini toscani, che la critica imparerà a conoscere come Super Tuscan.La sua storia dà già il peso e la misura di quanto sia importante e di valore la viticoltura in Italia: oggi essa rappresenta un colosso nel mondo del vino a livello globale, per quanto concerne la quantità di vino prodotto, ma soprattutto per l’elevata qualità dei suoi vini.
qualcosa che forse non sapevi
Curiosità e aneddoti sul vasto mondo del vino che spiegano la provenienza delle nostre abitudini e modi di dire. Sapete perché le bottiglie di vino hanno colori diversi? Verde, marrone, trasparente: il colore di una bottiglia di vino non è solo questione di estetica o di brand: dietro ci sono delle precise motivazioni tecniche. Le bottiglie di vetro trasparente vengono usate per i vini bianchi, da bere giovani senza che invecchino Le bottiglie di vetro verde vengono utilizzate per i vini bianchi che necessitano di un periodo di affinamento e per i rossi che maturano dopo un periodo più o meno lungo Le bottiglie in vetro marrone o nero sono quelle che garantiscono il più alto livello di protezione dalla luce solare: vengono usate per i vini rossi che richiedono lunghi periodi di invecchiamento. Ogni tipologia di vino vuole il suo bicchiere: ma quali e quanti diversi tipi di bicchiere esistono? Partiamo dai vini rossi: Ballon piccolo: è il classico bicchiere da vino rosso, adatto a vini rossi giovani e non troppo corposi Grand ballon: è ampio e adatto ai vini rossi corposi Barbaresco o Bourgogne: è il calice da vino rosso più ampio, per vini invecchiati o molto corposi E i bianchi? Flute: alto e stretto, è l’ideale per sorseggiare uno spumante o un vino giovane e secco come il Prosecco Tulipano: ha una coppa bombata più stretto nella parte alta ed è usato per gustare vini bianchi, leggeri e freschi. Renano: rotondo e ampio, è indicato per vini bianchi strutturati e barricati (ma anche per un Chianti Classico) E dulcis in fundo i vini da dessert: Coppa Asti: più largo che lungo, è il bicchiere adatto per bere uno spumante dolce (infatti prende il nome dallo Spumante Asti) Tulipano Piccolo: più piccolo e stretto rispetto al tulipano da vino bianco, è adatto per i passiti Sautern: stretto alla base e ampio in cima, è adatto per i cosiddetti “vini muffati”, passiti dal bouquet complesso Di solito l’ultimo bicchiere della serata è detto “bicchiere della staffa”: sapete perché? Questo modo di dire risale all’800, quando i signori andavano nelle locande a cavallo e bevevano l’ultimo bicchiere con un piede già fuori, sulla staffa del cavallo. Questa espressione si usava anche in un’altra occasione: dopo aver ricevuto la visita di qualcuno, era considerato educato che il padrone di casa offrisse un bicchiere di vino al proprio ospite o nel momento in cui stava per abbandonare la casa o quando stava per salire sul proprio cavallo. L’offerta era infatti interpretata come un augurio di buon viaggio e di sereno ritorno. Sapete quanti vitigni esistono in Italia? L’Italia è il paese con il maggior numero di vitigni autoctoni al mondo: ben 545 varietà di vite da vino (dati 2019) su un totale di 1.300 nel mondo. Il vitigno più coltivato è il Sangiovese, seguito da Montepulciano, Glera, Pinot Grigio e Merlot. Sai che cosa è il vino novello?Molti pensano si tratti del vino nuovo… risposta sbagliata! Il novello è in realtà un tipo di vino molto particolare, messo in vendita nello stesso anno della vendemmia e regolamentato da una precisa normativa. A differenza del vino normale, viene prodotto con un metodo completamente diverso, quello della macerazione carbonica: si mettono i grappoli d’uva (almeno il 40%) in un serbatoio ermetico pieno di anidride carbonica per un periodo che varia da poche ore a qualche giorno. Il vino novello ha un sapore fresco e leggero, ottimo da sorseggiare da solo o per accompagnare carni, formaggi, taglieri di salumi e castagne.
Cosa vuol dire degustare un vino?
Come degustare un vino, la guida per amanti e professionisti all’uso di vista, olfatto e gusto È la grande aspirazione di chi vuole realizzarsi come sommelier, ma è anche il desiderio di chi apprezza il mondo del vino e vuole padroneggiarne le tecniche. Qualsiasi sia il tuo obiettivo, in questa guida vediamo come degustare un vino e come diventare veri esperti professionisti della degustazione. La differenza tra bere, o assaggiare un vino, e degustarlo Una famosa citazione di Salvador Dalì recita: “Chi sa gustare non beve il vino, bensì ne assapora i segreti.” La differenza tra bere, o assaggiare un vino, e degustarlo Una famosa citazione di Salvador Dalì recita: “Chi sa gustare non beve il vino, bensì ne assapora i segreti.” Per entrare nel mondo della degustazione, un mondo affascinante fatto di tante sfaccettature, dobbiamo partire da questo presupposto. Degustare un vino non significa semplicemente berlo, ma scoprirne e comprenderne le caratteristiche imparando a usare i nostri sensi – olfatto, vista e gusto. Come degustare un vino osservandone l’aspetto (l’esame visivo) Per degustare un vino si parte dall‘esame visivo che, attraverso l’analisi del suo aspetto, ci lascia capire se il vino è buono, la sua struttura, le sue fasi di maturazione. Da un punto di vista visivo, perdona il gioco di parole, anche la bottiglia di vino la dice lunga sulla sua qualità. I dettagli che dobbiamo osservare e che aiutano il sommelier a fare un’analisi preliminare del vino che sta per degustare sono: l’etichetta la zona di produzione il produttore Le fasi per l’esame visivo del vino impugna il calice dallo stelo e sollevalo all’altezza degli occhi inclina il calice su una superficie di color bianco e osservalo dall’alto per valutarne elementi quali limpidezza, colore, viscosità, effervescenza. La limpidezza del vino Con la definizione di ‘vino limpido’ si intende un vino sano e di buona qualità, ben conservato, privo di depositi e di sostanze, o particelle, non disciolte. I vini bianchi possono avere un colore opalescente, più torbido, ma senza presentare necessariamente problemi relativi alla sua qualità. I colori del vino Il colore di un vino dipende da diversi fattori: dall’età del vitigno dalla sua varietà dalle tecniche di lavorazione I colori del vino rosato e rosso Il vino rosato ha un colore rosa tenue venato di riflessi violacei nel caso di un vino giovane.Presenta riflessi ramati, invece, nel caso sia stato ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve contenenti poca sostanza colorante. Il rosa chiaretto presenta sfumature che vanno dal violaceo all’arancione. Mentre il rosa cerasuolo si avvicina al colore delle ciliegie con sfumature che cambiano a seconda della maturazione del vino. Il rosso mattone presenta un colore tipico del vino invecchiato, il che non è una caratteristica positiva in un vino giovane. Il color rosso porpora connota un vino rosso molto giovane, come pure il rosso rubino indicativo di un buon stato di salute e conservazione. I colori del vino bianco Caratteristico dei vini bianchi giovani, leggeri e freschi, il colore giallo tenue con riflessi verdognoli. Il giallo ambrato, invece, è il classico colore dei vini passiti o liquorosi. Anche se in alcuni vini, invece, può significare ossidazione. Il giallo paglierino, come dice il nome stesso, ci ricorda il colore della paglia, tipico dei vini bianchi giovani e ricavati dalla vinificazione in bianco di uve raccolte al punto giusto di maturazione. Il giallo dorato caratterizza i vini bianchi ottenuti con uve più mature. In caso di colore spento, il vino potrebbe riportare un difetto di ossidazione. Gli archetti del vino È una delle fasi preliminari della degustazione che si fa per capire grado alcolico e consistenza del vino. La tecnica che si usa è quella di far roteare il calice osservando al suo interno la formazione degli “archetti” e delle “lacrime,” che si formano sulle pareti del bicchiere e che scendono più o meno lentamente verso il basso. La maggiore consistenza è indicata dalla velocità della discesa delle lacrime, più queste sono lente più avremo consistenza e quindi grado alcolico elevato. è un metodo ormai desueto in quanto la maggior parte dei bicchieri è lavato con il brillantante, che inficia la formazione di archetti e di lacrime. L’effervescenza nello spumante e nei vini frizzanti Grana, numero e persistenza delle bollicine sono i segnali da osservare nello spumante. La grana delle bollicine Quando le bollicine sono fini significa che ci troviamo di fronte a uno spumante di alta qualità. Il numero delle bollicine Più il numero delle bollicine è alto, maggiore è la qualità dello spumante; mentre una scarsa quantità di bollicine ne indica un’età avanzata. Un segnale di buona qualità dello spumante è anche la persistenza delle bollicine (perlage). Come degustare un vino: l’esame olfattivo Parte importante della degustazione di un vino è l’esame olfattivo. Come degustare un vino per riconoscere i profumi? Dopo aver ruotato leggermente il bicchiere di vino, per sprigionare nell’aria i profumi del vino, ci si avvicina il naso per respirarne l’odore con inalazioni di appena due secondi, per non abituare il naso all’alcol. I profumi sprigionati si possono riunire in tre gruppi: 1) Gli aromi primari, o varietali, sono legati alla varietà dell’uva. 2) Gli aromi secondari, o di fermentazione, si formano durante la fermentazione. 3) Gli aromi terziari si sviluppano con la maturazione e con l’affinamento in bottiglia e formeranno il bouquet di un vino con i diversi sentori e sfumature. Gli odori sgradevoli del vino Odore di tappo In questo caso non parliamo di un profumo ma di un odore sgradevole… l’odore di tappo che non si può eliminare e che si verifica quando nel sughero si formano delle muffe (il vino è stato danneggiato da una sostanza nota come tricloranisolo, un residuo metabolico di un fungo che si trova nelle plance di sughero alterate) Odore di ossidato Questo odore, simile alla frutta cotta, è tipico dei vini invecchiati che hanno perso freschezza a causa del contatto con l’ossigeno (ossidazione). Il più raro odore di aceto è dovuto a fermentazioni acetiche. Siamo all’ultima fase della degustazione del vino, l’esame gustativo che possiamo fare sorseggiando il vino, lasciandolo scorrere lungo i lati della lingua, con la testa di poco sollevata, e poi nel mezzo della lingua fino alla punta, premendola sul palato per sentire le
Serata ossobuco e Barolo
Serata ossobuco e Amarone ossobuco alla Milanese “Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai Milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. Intendo quindi descriverlo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato”. Così Pellegrino Artusi introduce la ricetta degli ossibuchi alla milanese all’interno del primo ricettario della storia della cucina italiana: un piatto rappresentativo che pare risalga addirittura al Medioevo, caratterizzato da un particolare taglio di carne reso estremamente tenero dalla lunga cottura e dalla presenza del midollo, che sciogliendosi rende la preparazione ancora più succulenta. Un altro tratto distintivo dell’òs büüs a la milanesa è l’aggiunta della gremolada, un trito di prezzemolo e aglio profumato con scorza di limone che completa ed esalta il sapore della carne di vitello. Solitamente proposto come piatto unico insieme all’immancabile risotto giallo, l’ossobuco alla milanese può essere servito anche come gustoso secondo di carne, magari nella versione con i piselli o accompagnato con una bella porzione di polenta! Anche noi, come Artusi, scegliamo di presentarvi la nostra versione degli ossibuchi alla milanese in modo semplice e senza pretese… lasciamo che sia il gusto a parlare e a trasportarvi in un viaggio tra i sapori tradizionali di questo territorio. Abbinamento cibo e Amarone della Valpolicella L’Amarone della Valpolicella è un vino rosso passito secco, una categoria molto particolare che racchiude pochissimi vini del nostro panorama enologico. Le uve Corvina Veronese (Cruina o Corvina) e/o Corvinone e/o Rondinella, da cui si ricava, sono sottoposte ad appassimento e seguente fermentazione alcolica, che si prolunga per diverso tempo, per consentire la totale trasformazione degli zuccheri in alcol etilico. Quest’ultimo aspetto è ciò che più distingue i vini passiti secchi dai vini passiti dolci: mentre nei vini passiti dolci la fermentazione viene interrotta per conservare parte degli zuccheri, che ne determinano la dolcezza; nei vini passiti secchi la fermentazione viene completata per convertire in alcol etilico gli zuccheri residui. Ricaviamo così almeno due informazioni chiave sul nostro vino. La prima è che non si tratta di un vino dolce per cui NON trova collocazione ideale con dolci o dessert (salvo un caso particolare che poi vediamo). La seconda è che ha una gradazione alcolica elevata, proprio perché la fermentazione alcolica è portata a termine, senza interruzioni. Struttura e corpo sono imponenti. Nella scelta dell’abbinamento dovremo prendere in considerazione soltanto quei piatti in grado di non farsi sovrastare dalla vigoria e dalla personalità di questo vino e che abbiano pari struttura. Il profilo gustativo dell’Amarone si completa con ottima sapidità e notevole morbidezza, proprietà perfette per accompagnare preparazioni untuose e succulente. Alcolicità e morbidezza sono in grado di asciugare il palato e mitigare queste sensazioni del cibo. A livello olfattivo, l’Amarone della Valpolicella presenta aromi intensi, complessi e variegati: si avvertono profumi prevalentemente fruttati, frutta rossa matura, frutta passita e confetture di frutta, accompagnati da sfumature speziate, note di tabacco e di legno, derivanti dall’invecchiamento prolungato a cui è sottoposto, con piacevoli sentori di caffè e cioccolato amaro. Per proprietà gusto-olfattive non può in alcun modo essere abbinato a piatti delicati e leggeri che verrebbero coperti dall’imponenza del nettare. Al contrario, andiamo a ricercare preparazioni importanti e dalla spiccata personalità, proprio come quella dell’Amarone della Valpolicella.
Denia: guida e consigli in breve
Denia: un gioiello della costa della Costa Blanca Spagna. Anche i golfisti, gli sportivi e coloro che amano praticare attività durante le vacanze troveranno molto da divertirsi, con uno splendido campo da golf a 27 buche a La Sella, progettato da José María Olazábal, e varie opzioni per l’ arrampicata nella regione. C’è anche una varietà di luoghi per sport acquatici in tutto il porto turistico della città e la costa estesa, con opzioni per godersi il kayak, il paddle surf, le immersioni subacquee e molto altro. Qualunque sia la tua preferenza, il clima meraviglioso offre l’ambiente perfetto per praticare questi sport all’aria aperta. Una delle caratteristiche più riconoscibili di Denia, tuttavia, è proprio la sua pura bellezza. Hai la splendida costa da esplorare, così come la città storica stessa, insieme alla campagna circostante, come il Parco Naturale Montgó con i suoi famosi sentieri escursionistici. Tutto questo può essere esplorato a piedi, con un’auto a noleggio o con uno dei servizi di escursioni regolari che corrono in tutta la città. Una bellissima location con un clima meraviglioso Denia è anche un luogo attraente da visitare a causa del suo tipico clima mediterraneo, che vede estati lunghe e calde e inverni brevi ma miti, con temperature diurne anche di gennaio che raggiungono una media di 15 gradi Celsius. Quindi, in qualsiasi periodo dell’anno visiterai, avrai la certezza di goderti il clima. È un fantastico luogo di vacanza per persone di tutte le età, che tu sia giovane o vecchio, single, sposato o con tutta la famiglia: tutti troveranno qualcosa da godersi a Dénia, non importa cosa cercano nella loro vacanza ideale. Se vuoi visitare un posto davvero unico e pieno di bellezze naturali storiche, Denia è una scelta irresistibile.
cena romantica con degustazione
cena romantica con degustazione di vini Ah l’Italia, paese di santi, poeti, navigatori e… amanti del vino! La nostra amata penisola ospita un vastissimo patrimonio di eccellenze enogastronomiche, che il mondo intero ci invidia. Talmente vasto che perfino noi italiani, a volte, facciamo fatica a conoscerlo fino in fondo. Se sei un amante del buon vino e vorresti partire per un weekend romantico con la tua dolce metà in cui coniugare amore e una bottiglia di qualità, abbiamo quello che fa per te per un romantico fine settimana gastronomico con degustazione di vini inclusa.
Storia del vino in Italia
Storia del vino in Italia L’introduzione del vino nel nostro paese si deve a due popoli principalmente, i Fenici e i Greci, anche se probabilmente si possono rintracciare alcune piccole e rare produzioni locali. Comunque questi furono i due popoli che fecero del vino uno dei più importanti prodotti e commerci della nostra nostra Penisola. I Fenici dapprima importandolo soltanto e per la maggior parte in Sardegna e Sicilia, i Greci invece introducendo nuove varietà, addomesticandole e realizzando le prime vere sperimentazioni, anche se rustiche ed arcaiche, sulle uve. I Greci risulteranno quindi fondamentali nella storia vinicola italiana, in particolare quella meridionale che vede molte delle uve oggi vinificate essere state introdotte proprio nell’epoca della colonizzazione ellenica datata attorno al VII secolo a.C. Probabilmente il primo porto d’approdo che coinvolse il traffico di vino e di uve con questo popolo fu in Calabria, e successivamente in Campania ed in Sicilia, anche se le due prime regioni si contendono questo “primato”. I Greci cominciarono non solo a sviluppare la viticoltura e la vinificazione nei loro territori, ma contribuirono anche alla sua diffusione nelle altre aree, piantando in questo modo i semi i cui frutti saranno poi raccolti dai Romani e diffusi in tutta Europa per un prodotto che diventerà da subito e per tutti i secoli avvenire uno dei principali per tutti i popoli europei. Nel VII secolo la coltivazione e il consumo del vino erano già diffusi in Etruria e subito dopo raggiunsero l’Italia del nord, all’epoca abitata da popolazioni celtiche. Furono poi i Romani a creare quel grande ed importante movimento che farà del vino un’istituzione in tutta Europa. Ma già da prima, grazie all’enorme diffusione di buon vino concentrata nella nostra penisola, l’Italia veniva chiamata Enotria tellus, ovvero terra del vino. Alcuni storici fanno risalire l’inizio della viticoltura in Italia attorno al I millennio a.C., durante i primi viaggi dei Greci. Il vino presso i Romani Il vino dell’antichità, sia presso i Greci che i romani veniva allungato con acqua, perché si ritiene fosse molto forte in alcool a causa delle vendemmie tardive dell’epoca, obbligate in un certo senso perché le vinificazioni erano poco affinate. In questo rito vi era la figura del magister bibendi o rex convivii, ovvero un commensale scelto dagli altri di volta in volta che stabiliva sia la proporzione tra acqua e vino (generalmente con il 65% della prima) che il numero di brindisi. In tutto l’Impero il vino si beveva non solo nelle case dei facoltosi, ma, grande novità per l’epoca, anche tra le classi medie e povere. Vi erano vini da tutti i prezzi e tutte le qualità, spesso venduti e consumati nelle tabernae, locali dove si mescolavano vari vini per le mescite. Caratteristica di questi locali erano dei banconi in muratura, dove vi erano inserite anche delle anfore in cui vi erano vini diversi, con dei piccoli fuochi per scaldare dell’acqua nella stagione invernale. E poi naturalmente tavoli e sedie. Vi erano anche taverne più aristocratiche, con belle decorazioni. Vi era anche del cibo, che per le taverne di basso rango era molto economico, come il vino. Oltre alla mescola con l’acqua, il vino veniva addizionato con miele e spezie, generalmente servito in questo modo quando di bassa qualità. Nell’impero il vino migliore proveniva dal sud, ed era il Falerno, oppure il vino prodotto alle pendici dell’Etna o quello dei Castelli Romani. Il vino dopo l’Impero Alla caduta dell’Impero, le invasioni ad opera dei barbari, crearono un forte declino della viticoltura che divenne nel basso Medioevo una prerogativa esclusiva dei monasteri, che conservarono le tecniche vitivinicole apprese durante l’antichità e poi anche migliorate, tanto che nel Rinascimento, con l’esplosione dei traffici commerciali marittimi e l’apertura di nuove rotte, il mondo del vino era pronto per ritornare ai fasti dell’impero. Nuovo centro mondiale del consumo era l’Inghilterra, protagonista della maggior parte delle importazioni. In Italia così si cominciò a perdere i primati mantenuti fin dall’antica Roma, in quanto vennero preferite regioni più vicine al paese anglosassone. L’Italia comunque fu interessata enologicamente per le importazioni di Marsala in Inghilterra e vino calabro in Francia, mentre altre regioni si dedicavano più che altro al commercio locale. La Spagna invece promosse la viticoltura in Sardegna, attitudine poi ripresa dal regno dei Savoia, mentre le grandi signorie riuscirono a mantenere dei primati italiani.
Denia: storia e curiosità
DENIA: STORIA E CURIOSITà Denia è una piccola città costiera situata nella provincia di Alicante, una parte della splendida costa della Costa Blanca in Spagna. È un posto magnifico per fare una vacanza che ha qualcosa per attrarre tutti. Denia è una città veramente storica e le prove della sua ricca e variegata storia possono ancora essere esplorate oggi, con il suo castello e il museo archeologico assolutamente da vedere. Ci sono numerose rovine, splendidi edifici antichi – tra cui diversi intriganti eremi e la famosa torre di avvistamento Torre del Gerro – e una varietà di storie affascinanti da raccontare. Quindi, per coloro che apprezzano una cultura forte e vogliono immergersi nella storia di una città, Denia è il posto dove stare.